È possibile immaginare un libro così avvincente e complesso per parlare di un vino, sia pure importante com'è il Barolo? Salvatore Marchese lo ha fatto, seguendo un particolare filo narrativo sul quale si intrecciano vicende umane, notizie storiche, aneddoti, ricette ed informazioni tecniche. Un libro unico, certo: non è un catalogo né un manuale di cucina; non è neppure un trattato o un saggio a sfondo sociologico. Gli stessi dati di enologia sono ridotti al minimo indispensabile. Ma tanti elementi concorrono a configurare lo straordinario mondo del Barolo, dove uomini e donne, noti importa se nobili o poveri cristi, sono protagonisti di rilievo. Per loro, l'autore dimostra ammirazione ed affetto. Salvatore Marchese ha imparato a conoscere la gente delle Langhe attraverso ripetuti incontri che iniziarono circa quindici anni fa: come cronista di enogastronomia, a più riprese. Poi, addirittura come insolita guida "enoturistica" .
Nel corso dei frequenti viaggi, ha guidato per bricchi, cascine e cantine olire quattrocento persone interessate a vini, tartufi e formaggi. Tuttora, proprietari di enoteche, ristoratori ed appassionati lo consultano prima di intraprendere una visita nell'albese. Egli, infatti, ha amici a Barbaresco. Neive. Neviglie. Treiso. Costigliene Tinella e Alba. E, naturalmente, ha amici a Verduno, Barolo, Costigliene Falletto, Diano d'Alba e La Morra, la zona del Barolo.
Giornalista, Salvatore Marchese ha annotato ogni volta impressioni ed umori, appunti sui quali riflettere, personalissimi resoconti da custodire, ritratti di vignaiuoli. Il libro, allora, è una sorta di registro delle sensazioni e delle esperienze acquisite con i dialoghi e le interminabili discussioni sui profumi e sulle annate del Barolo. In mezzo, ecco i riferimenti alle persone, ai personaggi storici, agli amori, alla guerra partigiana, al mercato, alla scarsa conoscenza dei grandi vini propria dei consumatori italiani, al vino come simbolo di cultura.
Ecco una delle motivazioni del libro. Le storie narrate da Salvatore Marchese possono aiutare il Barolo - ma pure il Barbaresco e i vini rossi di razza - ad uscire dal mito. E vogliono invitare la gente a camminare per le Langhe, a imparare la direzione dei raggi del sole che illuminano i Cannubi, la Sarmassa e le Brunate, a scoprire i profili delle colline che filtrano dalle nebbie mattutine: ad entrare e vivere nel mito, dunque.