La vita di Jordan cambiò per sempre il giorno in cui un gatto randagio che abitava sotto la sua buganvillea gli morse la mano. Biologo riformato, Jordan non era particolarmente amante degli animali, e guardava con una certa sufficienza coloro che lo erano, fino a quando quel gatto, attirando la sua attenzione con un ammiccamento e uno sbadiglio, lo condusse con sé in un viaggio verso terre esotiche, mondi sconosciuti e scoperte fantastiche. Mentre il loro legame diventava sempre più profondo, il gatto comincià a star male, fatto che coinvolse lo scienziato in modo sincero e affettuoso come non era mai successo. Analizzando minutamente i propri sentimenti, giunse ad alcune importanti conclusioni: che coloro che amiamo vivono nelle sinapsi e nelle molecole della nostra memoria, e che finchè noi viviamo essi stessi vivino, in quanto parte del nostro cervello. Ai nostri neuroni non importa se colui che amiamo è un animale o un uomo: il meccanismo è lo stesso. E per quanto la comunione con gli animali sia generalemente ritenuta inferiore alla comunicazione tra esseri umani, la verità è che il bisogno di compagnia è un tratto distintivo dell'uomo. In assenza di altri compagni, la mente umana si aggrappa a qualsiasi cosa vivente, come una vite. Jordan ha imparato che la prima volta che la tua mente si aggrappa a un gatto non realizzi di esserti innamorato se non quando è troppo tardi.
William Jordan Biologo specializzato in entomolgia all'Università di Berkeley, in California. E' autore del classico Storie di gorilla disperati e gabbiani infedeli (1995, Sperling & Kupfer), con il quale ha rivelato la sua "capacità di incantarci come un poeta e il talento di naturalista con il quale svela ai nostri occhi le meraviglie del mondo animale" (Publishers Weekly).